martedì 23 novembre 2010

Cronica Nera

365 parole, due mesi che frulla, e accorgersi che s'è fatto tardi. A voi.

Stazione Centrale, Metropoli Stanca, scighera che appanna gli sguardi, condensa di lacrime. Il taxi accostò per un'ombra. S'aprirono entrambe le portiere, ingurgitando due anime scosse, la Ragazzetta e la Badante. La prima, giovane, trendy, il rimmel colante sulle gote pallide. La seconda, bionda, straniera, grossolana. Il taxi è mio / No è mio / Signore, signore, la corsa è gratuita, stasera, non si vede una gotta, state tranquille, dove porto la prima?

Il Tassista era un bell'uomo, sicuro, educato, solo. La Badante rispose, per prima, vado all'ospedale, faccia in fretta per favore, ho fretta, avevo fretta, fingevo, è per questo che sono in ritardo, mi sono persa a discutere, lo faccio per arrotondare, discuto, attacco briga, il ragazzo che ho spintonato, e sputato, non ha retto la pazienza, l'ha rotta, mi ha colpita in volto, terrorizzato, mi sono buttata a peso morte all'indietro, avrei chiesto i danni un rimborso, ho battuto la testa, fa male, all'ospedale, in fretta per favore...

Siamo già giunti, la nebbia nasconde la meta, signora, ma qui è dove debbo lasciarla, di qua si va per la città di Dite, e scese, la Badante, l'attendeva Lucifero. E tu, Ragazzetta?

Vado a trovar mia cugina, mi porti da lei, è come una sorella, per me, ci piacciono le stesse cose, abbiamo gli stessi sogni, abbiam litigato, lei pensa che amiamo lo stesso ragazzo, è gelosa, per questo mi ha stretto la gola col cuoio, cieca di rabbia, è il cimitero, questo, o il palcoscenico? No tiri dritto, mi lasci morire in pace, mi racconti la sua storia, come mai guida questo taxi?

Il Tassista accostò all'ingresso del camposanto, e rispose, guidavo felice, come ogni giorno, il mio poco bastava, ho investito un cane e mi son sentito morire, ho chiesto scusa, e una pioggia di rabbia e violenza e ignoranza, mi hanno frantumato ogni dente, spezzato le ossa, mi son svegliato qui, vago per la città in questo turno eterno, non sento fame, né sonno, ogni tanto mi sanguinano le gengive e mi sento chiamare, scenda pure, signorina, devo andare, spero sia un sogno, sogno che un mondo così sia di là da pensare. Si dissolse nella nebbia, una parola sul giornale.